Il rischio e la gestione degli eventi (inattesi) nelle organizzazioni “ad alta affidabilità”

La capacità di saper cogliere i segnali deboli….può fare la differenza..

Mai come oggi il bellissimo saggio di Karl E. Weick (1) del 2007, “Governare l’inatteso”, appare di straordinaria attualità e costituisce fonte di ispirazione per tutti coloro che, lavorando nelle organizzazioni di qualsiasi tipo (pubbliche e private), si confrontano tutti i giorni con problematiche inerenti ai rischi e la loro gestione. Il teorico americano del comportamento organizzativo in questo libro approfondisce, insieme alla collega Kathlenn M. Sutcliffe (2), uno dei suoi temi più cari: la consapevolezza (mindfullness) nel mondo organizzativo.

Le riflessioni dell’autore partono dalla constatazione di quanto il rischio sia pervasivo nella nostra vita. Questo aspetto rappresenta la cifra distintiva (ed ineliminabile) della nostra esperienza nel mondo attuale. Siamo passati da una situazione di relativa stabilità a una condizione in cui l’insicurezza domina costantemente la scena dell’esistenza umana. Le difficoltà con cui dobbiamo fare i conti diventano poi evidenti quando l’evento inatteso entra nella vita delle organizzazioni. In questo senso le conseguenze degli imprevisti, a volte, possono essere molto serie per qualsiasi organizzazione (si pensi ad esempio ai danni reputazionali o sanzionatori derivanti da una mancata conformità normativa). Gli incidenti possono assumere effetti catastrofici se si opera in settori particolarmente sensibili (sistemi di controllo aereo, centrali nucleari, ospedali, comunicazioni, controllo delle reti elettriche, istruzione, sistema finanziario e bancario, industria petrolifera, ordine e sicurezza pubblica).
Secondo Perrow (3) gli incidenti sono “normali” perché in qualche modo iscritti nella complessità e i sistemi complessi prima o poi sono destinati a creare le condizioni per il verificarsi di avvenimenti critici. L’analisi degli incidenti organizzativi ha, tuttavia, permesso di evidenziare come alcune strutture affrontano meglio di altre gli “eventi inaspettati”. Queste organizzazioni, che vengono definite ad “alta affidabilità” (HRO High Reability Organization), hanno molto da insegnarci riguardo ai modi con cui gestiscono le situazioni di emergenza. Weick, però, non si concentra solo sullo studio degli errori ma anche su ciò che funziona e perché funziona.

Lo studio dei comportamenti organizzativi non deve essere tuttavia limitato alle buone pratiche, ma alla costante ricerca dell’eccellenza (4). L’eccellenza si raggiunge grazie alla particolare capacità di accorgersi dell’evento inaspettato nella sua genesi iniziale, in modo da fermarlo, contenerlo e/o, in ultima istanza, ripristinare il funzionamento del sistema. Le organizzazioni ad alta affidabilità in questo senso “non possiedono la soluzione” al problema, ma “lottano” continuamente per trovarla (4). Perché ciò accada è necessario, però, che venga creata una struttura pienamente consapevole, in grado, cioè, di individuare in modo continuo i piccoli eventi critici, di opporsi alla semplificazione, di essere sensibile alle attività in corso, di mantenere la capacità di resilienza tenendo sotto controllo i cambiamenti, di attribuire il potere decisionale a chi ha la competenza effettiva per intervenire.
Se questi cinque principi vengono violati significa che le persone ricorrono a pratiche che ignorano le piccole criticità, accettano diagnosi semplicistiche, danno per scontate le attività che avvengono in prima linea, trascurano la capacità di resilienza e fanno riferimento all’autorità piuttosto che alla competenza.
La mindfulness in definitiva deve ridurre la tendenza a “normalizzare l’inatteso”. Gli autori invitano in questo contesto a limitare la mano invisibile delle aspettative che ci guida verso le percezioni più rassicuranti (5).
Il tema portante del saggio di Weick è, quindi, la nozione di mindfulness come capacità di sviluppare a livello organizzativo la piena consapevolezza del dettaglio discriminante senza lasciarsi fuorviare dalle proprie aspettative o dalla routine. Riuscire a focalizzare l’attenzione su elementi che, a prima vista, potrebbero apparire addirittura poco significativi o ininfluenti permette di cogliere le prime avvisaglie di una crisi di sistema in grado di assumere ben più vaste proporzioni. Ovviamente queste competenze sono il frutto di un impegno durevole che mira al raggiungimento di una condizione di eccellenza che non può mai dirsi pienamente raggiunta ma rappresenta, piuttosto, un punto di riferimento verso cui indirizzare gli sforzi per il miglioramento continuo.
Come ben evidenzia Fabio Dovigo (6), nell’introduzione all’edizione italiana del libro, in un mondo che sta diventando sempre più complesso e imprevedibile poter fare a meno delle competenze necessarie per governare l’inatteso è un lusso che poche organizzazioni possono permettersi.

Note
(1) Karl E. Weick è uno dei più importanti autori del pensiero organizzativo contemporaneo che ha introdotto i concetti di “accoppiamento libero”, “consapevolezza” e “sensibilizzazione” negli studi organizzativi. È professore universitario di Psicologia del comportamento organizzativo alla Ross School of Business dell’Università del Michigan.
(2) Kathleen M. Sutcliffe è assistente di comportamento organizzativo e gestione delle risorse umane presso l’Università del Michigan Business School. Ha pubblicato numerosi articoli sulla diversità cognitiva ed esperienziale in squadre top management e sulle performance organizzative.
(3) Nel 1984 Charles Perrow, professore di sociologia all’Università Yale e studioso delle del mondo organizzativo ha elaborato la Normal Accidents Theory che, in sostanza, afferma che, eventi apparentemente banali, e gli errori/fallimenti ritenuti non rilevanti, possono a volte interagire tra loro in modi totalmente inaspettati, fino a produrre disastri. Perrow giunge ad affermare che, in sistemi particolarmente complessi, l’incidente è sostanzialmente inevitabile (da cui la denominazione di incidente “normale”).
(4) Come le organizzazioni sanitarie e sociali possono gestire l’inatteso per favorire la loro integrità in 
(5) Come le organizzazioni sanitarie e sociali possono gestire l’inatteso per favorire la loro integrità, op. cit., Per gestire l’inatteso bisogna capire come funzionano le aspettative e come usarle in modo consapevole. Le aspettative si costruiscono all’interno dei ruoli, delle routine e delle strategie organizzative, creando quel genere di prevedibilità su cui l’organizzazione fa affidamento per la propria attività. Presentano tuttavia anche svantaggi, in quanto possono creare dei punti ciechi che, a volte, portano a riconoscere in ritardo avvenimenti inattesi e minacciosi E spesso questi punti ciechi diventano ancora più grandi semplicemente perché andiamo alla ricerca di prove che confermino l’accuratezza delle nostre aspettative originarie. Per contrastare questi punti ciechi le HRO cercano di sviluppare una maggiore consapevolezza rispetto ai dettagli rivelatori.
(6) Fabio Dovigo insegna Pedagogia sperimentale e Metodologia per la ricerca e la valutazione nei servizi educativi e sanitari presso l’Università degli Studi di Bergamo.
Dott. Gaetano Mastropierro – Consulente Privacy e Antiriciclaggio – DPO – Referente Assodata Roma
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