Adesso basta: con la formazione assolutamente inutile!
In un approfondimento pubblicato sul nostro sito www.espertocompliance.it dal titolo “La formazione del personale: obbligo o facoltà per le organizzazioni?” i colleghi Alfredo Sanfelice e Gaetano Mastropierro si sono dedicati ad analizzare in modo puntuale alcuni temi legati alla formazione nelle organizzazioni partendo dall’assunto che:
“La formazione del personale rientra tra le più tipiche scelte gestionali di un’organizzazione. Gli organi di vertice possono infatti decidere se e come realizzarla. Ci sono tuttavia specifici ambiti in cui la formazione non è più una facoltà ma un preciso obbligo funzionale al raggiungimento di una condizione di “compliance normativa”. Al di là di ogni obbligo giuridico la formazione rappresenta, comunque, una necessità “intrinseca” all’agire organizzativo, indispensabile per governare con successo il cambiamento.” Si rimanda all’articolo completo per interessanti approfondimenti.
Il titolo scelto per rappresentare la condivisione di questa riflessione estremamente sintetica è decisamente provocatorio ma racchiude, a parere di chi scrive, delle verità sostanziali.
Le attività formative sono varie e diversificate in ragione:
- dello scopo per cui sono attuate;
- per la modalità di erogazione e gestione didattica prescelta (aula, formazione a distanza, coaching, training on the job o un mix di tutte queste opzioni);
- per le competenze che devono essere traguardate (tecniche, trasversali, soft skill. etc.etc.);
- per il pubblico a cui si rivolgono (ad esempio, azioni che prevedono per la partecipazione alle stesse competenze o titoli pregressi).
Possono essere obbligatorie in modo flessibile o più rigido. Rientrano nella prima casistica le azioni formative in cui è imposto un obbligo di formazione ma senza vincoli specifici, mentre nella seconda ipotesi la legge, o atti equiparabili, definiscono non solo un’imposizione formale, ma anche in tutto, o in parte, i contenuti, la durata, la modalità di svolgimento e così via.
Tuttavia, a prescindere dalla specificità di ogni percorso o azione, tutte le attività formative hanno, o dovrebbero avere, un denominatore comune: permettere di traguardare concretamente le competenze oggetto delle attività didattiche, che dovrebbero essere definite a priori.
L’analisi dei fabbisogni formativi risulta essere un elemento fondamentale per poter correttamente definire piani di formazione adeguati alle esigenze di crescita professionale del personale, ma anche dell’organizzazione in cui le risorse umane operano.
Questa considerazione vale per le grandi imprese, ma anche per le realtà più piccole le micro e piccole attività, i professionisti e, ovviamente, anche per le realtà pubbliche.
Ovviamente, i vantaggi di un approccio corretto da un lato aumentano l’occupabilità e le competenze individuali delle risorse, dall’altro aumentano la qualità dei processi e delle attività dell’organizzazione in cui le risorse operano.
La mancanza di questa valutazione concreta rende la formazione inutile e, in ottica di risorse da investire, tipicamente tempo, denaro e rischio opportunità, rappresenta un costo aziendale e non un investimento.
(Tempo del personale in formazione, denaro in relazione al pagamento dei servizi formativi, e rischio opportunità legato al fatto che il personale, per il tempo in cui è in formazione, non può ovviamente dedicarsi alle attività ordinarie tipiche della propria mansione).
Qualche esempio concreto:
- Un’organizzazione individua una figura interna, che non ha competenze pregresse sul tema, come referente per l’applicazione del GDPR, e la supporta tramite attività formativa in e-learning di 1 ora dedicata ai principi generali della normativa.
Perché è assolutamente inutile: l’attività realizzata, seppur formalmente permette di indicare che la risorsa è stata formata, non è ovviamente adeguata alle competenze e conoscenze necessarie per poter saper fare e saper essere la figura di riferimento per l’adozione consapevole, ragionata e concreta delle normative in ambito protezione dati personali. In questo caso, la mancata valutazione dei fabbisogni formativi determina la “scarsità” di durata e di contenuti e la conseguente non adeguatezza dell’azione prescelta. La risorsa non sarà in grado di applicare quando previsto dal GDPR, e l’organizzazione potrà subire sanzioni per la mancanza di compliance.
- Un’organizzazione decide di formare tutti gli autorizzati al trattamento dati tramite formazione d’aula di 150 ore dedicata a tutti gli aspetti relativi al GDPR.
Perché può essere assolutamente inutile: Anche in questo caso l’attività formativa realizzata, seppur articolata e strutturata in modo specialistico può essere “sovrabbondante” non essendo definita e pianificata in relazione alle specifiche esigenze del personale, considerando che alcune competenze devono essere trasversali altre specifiche per mansione.
- Uno studio professionale, obbligato all’adozione delle normative antiriciclaggio (D.lgs 231/07 e regole tecniche per la categoria) pianifica un’azione formativa in e-learning di 1 ora per il personale in relazione ai principi generali del D.lgs 231/07 senza una valutazione del livello di rischio e dei fabbisogni formativi del personale.
Perché è assolutamente inutile: anche in questo caso l’attività formativa realizzata, seppur formalmente permette di indicare che le risorse sono state formate, non è ovviamente adeguata alle competenze e conoscenze necessarie considerando anche che la durata, i contenuti e gli elementi di qualità della formazione sullo specifico tema sono connessi anche con i rischi di “riciclaggio” inerenti all’organizzazione e, nel nostro esempio, tali aspetti non sono stati considerati.
La formazione è assolutamente inutile! Se non considerata per ciò che davvero è: non un orpello formale e burocratico ma un’opportunità di accrescimento e di miglioramento personale e professionale oltre che di assoluto miglioramento della qualità di processi, servizi e prodotti per tutte le organizzazioni pubbliche e private.
La formazione? Da inutile a valore aggiunto.
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