Il parametro della “media dei lavoratori impiegati” nelle varie discipline di settore…e nel whistleblowing

In varie discipline di settore viene richiamato il parametro della “media degli addetti” come specifico criterio di calcolo per determinare il presupposto (quantitativo) al verificarsi del quale scattano specifici obblighi. Il concetto di “media” degli addetti non sembra, però, che sia interpretato univocamente talché per una stessa situazione l’utilizzo di un differente metodo di calcolo può evidenziare risultati differenti. Tipico esempio in questo senso è rappresentato dal D.lgs 24/23 che detta prescrizioni in tema di adozione e gestione del canale interno di segnalazione delle violazioni. In questo contributo indicheremo in primo luogo quali sono le normative che richiamano il concetto di “media” dei lavoratori impiegati e poi analizzeremo quali sono le problematiche e gli aspetti operativi connessi al calcolo di detto parametro e quale approccio applicativo è stato invece indicato dall’Anac per quanto riguarda la disciplina del whistleblowing.

Il whistleblowing tra normativa generale e discipline di settore: soggetti obbligati e ambiti oggettivi di applicazione

Il D.lgs. 24/2023, ha recentemente disciplinato l’intera materia concernente il cd “whistleblowing” che ora si applica a tutti i soggetti del settore pubblico e privato. Detta normativa in realtà non si estende a tutti quei soggetti che operano in ambiti in cui già da tempo era presente una specifica disciplina di settore. Quando norme diverse regolano la medesima materia immancabilmente sorgono dubbi applicativi, soprattutto se per la redazione del testo legislativo si fatto ricorso ad una tecnica legislativa che dal punto di vista sintattico in vari passaggi appare involuta, imprecisa e poco chiara. Dopo aver ripercorso sinteticamente i tratti evolutivi dell’istituto, cercheremo allora di delineare l’esatto perimetro dell’ambito soggettivo e oggettivo di applicazione.

Criptovalute: rivoluzione del fintech o grande bolla speculativa?

Il tema delle criptovalute è sempre un argomento di grandissima attualità. Le innovative tecnologie digitali e crittografiche che ne stanno alla base rendono il mondo delle valute virtuali e della finanza decentralizzata uno dei fenomeni che ha maggiormente caratterizzato il comparto fintech in questo ultimo decennio. Il dibattito tra “cripto entusiasti” e “cripto scettici” è aperto e ha per oggetto non solo il ruolo e le finalità delle nuove valute digitali ma anche il tema della sostenibilità ambientale per le attività di mining, soprattutto in relazione all’attuale crisi energetica. Per anni le valute virtuali si sono mosse in un mercato non regolamentato. Oggi differenti sono le proposte che a livello europeo hanno l’obiettivo di disciplinare questo settore. Ma saranno sufficienti? Cerchiamo di ricostruire le posizioni di questo acceso confronto.

“Nuovi lavoratori” per le organizzazioni del XXI secolo

Lo sviluppo delle tecnologie digitali ha permesso non solo il progressivo evolversi di nuove professionalità ma anche il cambiamento delle modalità con cui oggi si svolgono le attività lavorative. In questo contesto i paradigmi classici del dipendente ideale stanno cambiando. Ciò che andava bene in contesti socio-economico sostanzialmente stabili può non esserlo ancora. Al knowledge worker non si affida più un compito ma l’attesa di un risultato. Tutto ciò richiede, però, specifiche capacità e competenze, anche per la gestione degli aspetti emotivi connessi all’assunzione di questo nuovo ruolo. Vediamo allora quali sono le caratteristiche che devono avere i lavoratori delle moderne organizzazioni.

Quando l’organizzazione è…“nevrotica”

Cosa può costituire una reale minaccia per la coesione e lo sviluppo di un’organizzazione? Secondo alcuni psicoanalisti le patologie comportamentali dei singoli individui possono affliggere anche le organizzazioni. Quando ciò avviene i comportamenti disfunzionali del management finiscono per diffondersi in tutta l’organizzazione. Tutto ciò che accade in un’organizzazione è infatti soggetta, in modo sottile e complesso, all’influsso di forze psicologiche invisibili di cui spesso non si ha piena consapevolezza. Le dinamiche che ne derivano influenzano profondamente la cultura organizzativa e possono consentire condotte che sono a volte del tutto irrazionali. Secondo Kets de Vries in questi casi si parla di “organizzazioni nevrotiche” e quando ciò avviene le conseguenze possono essere pesanti…

La “rottura” del contratto psicologico nei rapporti di lavoro

Quali sono i fattori che permettono ad un dipendente di vivere un rapporto di lavoro con spirito di collaborazione fiducia? Che cosa rafforza il senso di appartenenza e di fedeltà, consentendo ad una persona di lavorare con impegno puntualità e disponibilità, spesso anche a prescindere dal compenso economico? Esploriamo insieme i profili del “contratto psicologico” che lega un lavoratore alla propria organizzazione.

Pianificare e progettare l’attività formativa antiriciclaggio

Spesso le attività formative antiriciclaggio vengono realizzate in modo improvvisato. Un approccio destrutturato può incidere però sugli obiettivi che si vogliono conseguire.
La progettazione formativa in questi casi richiede metodo e capacità organizzative soprattutto perché, rivolgendosi ad adulti, deve mettere in campo strumenti e tecniche didattiche che rendano “agite” le nozioni teoriche.
Proviamo a delineare le principali azioni da seguire secondo un piano strutturato in modo metodologicamente corretto.

Assetti organizzativi e policy nelle attività formative antiriciclaggio

Dare esecuzione ad un piano di formazione secondo le logiche e gli obiettivi dell’attuale disciplina di riciclaggio non è cosa semplice. Limitarsi a mettere in aula alcune persone per affrontare tematiche generaliste o, peggio, non corrispondenti ai reali esigenze dei “discenti”, non consente, di norma, di realizzare una formazione soddisfacente e di conseguire effetti positivi per il “soggetto obbligato”. Vediamo in sintesi cosa è necessario fare per strutturare, in modo metodologicamente corretto, un’efficace azione formativa.

Una formazione “integrata” per una… compliance “integrata”

La progressiva evoluzione verso modelli di “compliance integrata” pone la necessità di ripensare ai modelli formativi secondo logiche dell’integrazione dei contenuti e dei programmi. Le policy formative devono tendere allo sviluppo di competenze e capacità interdisciplinari che permettano una maggiore efficacia in termini operativi, oltre che un significativo risparmio di risorse. Un cambiamento culturale di questo tipo richiede, però, approcci metodologici nuovi, non solo per coloro che progettano i corsi ma anche per i docenti chiamati ad erogare gli interventi formativi. Solo una formazione efficace, integrata e continua può consentire lo sviluppo di una vera “cultura” della compliance.

Le ispezioni antiriciclaggio valutano anche gli obblighi formativi

Quali sono le conseguenze per una carente policy della formazione antiriciclaggio? Quali possono essere le eventuali sanzioni? L’accertamento di un’omessa o carente implementazione di una training policy antiriciclaggio in occasione di una ispezione antiriciclaggio potrebbe produrre effetti anche ai fini di altre discipline di settore? Vediamo cosa prevede il d.lgs 231/2007 e quali sono le istruzioni fornite dal Comando Generale della Guardia di Finanza alle unità operative.